Nello specchio degli antichi

Scritto da Giusto Picone e Valeria Viparelli. Pubblicato in: Numero 0

I saperi genericamente indicati come “umanistici” hanno conosciuto, nel secolo da poco concluso e nei primi anni del terzo millennio, un innegabile processo di mutamento e di espansione, frutto anche di sistematizzazioni teoriche che ne hanno modificato profondamente confini e fisionomia. Non si può non costatare, tuttavia, la parallela riduzione della loro rilevanza sociale, che si fa particolarmente evidente nel sistema formativo occidentale, tanto scolastico quanto universitario, ove la cultura umanistica ha perso la centralità di cui ha a lungo goduto nei programmi educativi, finendo oggi col caratterizzarsi sempre più spesso come un aspetto poco significativo, se non addirittura residuale.

La presunta opposizione tra cultura umanistica e cultura sperimentale che ha animato nel Novecento un vivacissimo dibattito, il cui punto più alto è probabilmente costituito dalla riflessione di Charles P. Snow, sembra dunque essersi risolta non sul piano di un proficuo, reciproco intreccio, ma con l’affermarsi del primato indiscusso delle abilità tecnico-scientifiche, le sole che sarebbero in grado di assicurare progresso sociale e miglioramento della qualità della vita. Non v’è dubbio che su questi esiti abbia avuto grande incidenza l’affermarsi di quello che è stato definito un vero e proprio pensiero unico, teso a misurare esclusivamente in termini economicistici le finalità della formazione e della stessa cultura.

La logica imperante del profitto, volta a conseguire l’utile e priva di ogni interesse per l’honestum, denunciata non senza talune contraddizioni dal fortunato pamphlet di Martha C. Nussbaum, ha fatto sì che venisse attribuito lo stigma della improduttività alla cultura umanistica e alla capacità che essa ha di favorire la formazione di cittadini capaci di comprendere il mondo e la sua complessità, con la conseguenza di indebolire gravemente il nesso tra formazione e democrazia, senza tuttavia garantire, come dimostra la crisi economico-sociale in atto, il promesso sviluppo globale e condizioni di vita adeguate a vastissimi strati della popolazione del nostro pianeta, tuttora condannati a una degradante condizione di sfruttamento e di privazione dei diritti di cittadinanza.

La progressiva marginalizzazione degli studia humanitatis ha investito con maggior forza i settori disciplinari che fanno riferimento all’antichità greca e latina, che di quei saperi sono fondamento sul piano storico e linguistico. Occorre certo interrogarsi su un aspetto apparentemente paradossale del processo in atto che, nonostante il proliferare di una messe mai così ricca di contributi critici sui diversi aspetti del mondo antico, assegna alla scienza dell’antichità una funzione priva di effettiva rilevanza nel dibattito culturale, relegandola in una condizione ancillare non soltanto nei confronti dei saperi scientifico-sperimentali, ma anche di molti ambiti del campo umanistico. In realtà, è ormai un dato acquisito dalla riflessione storiografica che il modello di Umanesimo classicistico affermatosi con la Rinascita sia stato frutto di una lettura ideologica dell’antichità classica, la cui natura esemplare e anticipatrice della modernità è stata, con diversità di accenti e di prospettive, ribadita sino al cosiddetto Terzo Umanesimo dei primi decenni del Novecento.

Venuto meno, nella seconda metà del secolo scorso, il nesso con la contemporaneità, il paradigma classicistico fondato sulla valenza identitaria del mondo greco e latino è entrato in una crisi per molteplici aspetti irreversibile. Che è, per di più, aggravata dalla permanente pretesa di interpretare in chiave valoriale quella cultura e dallo specialismo autoreferenziale che è al fondo di tanta parte della letteratura secondaria. Riteniamo che sia necessario uscire dalle secche di queste posizioni ormai anacronistiche e, utilizzando sino in fondo le potenzialità critiche dell’indagine storica e filologica, rileggere le testimonianze classiche non solo alla luce delle domande di senso che esse ponevano ma anche delle sfide e delle urgenze che propone la realtà odierna, evitando ogni tentazione attualizzante e banalizzatrice dell’alterità tra mondi la cui distanza è innegabile e insopprimibile, ma la cui comprensione proprio per questa ragione può trarre vantaggio da una prospettiva comparatistica.

ClassicoContemporaneo intende dipanare il fil rouge di questa linea interpretativa; la nostra rivista si propone perciò di analizzare criticamente ruolo e funzione della cultura classica nella realtà contemporanea, con particolare interesse per le più innovative linee d’indagine sul mondo antico e per esperienze didattiche originali, praticate sia in ambito universitario sia nella scuola secondaria. L’orizzonte della ricerca sarà quanto più vasto possibile e mira a dar conto di quel che si studia e si sperimenta non solo in Italia, ma anche (e soprattutto) in Europa e al di fuori dell’Europa; sarà poi fornita puntuale informazione sulle normative e sugli ordinamenti didattici operanti nei diversi paesi.

La rivista dedicherà ampio spazio all’incidenza della cultura grecolatina nella letteratura, nella saggistica, nella drammaturgia, nella produzione filmica contemporanee e si rivolgerà a studiosi, docenti, studenti e cultori dell’antico italiani e stranieri. Specifica attenzione sarà destinata alla comparazione tra l’approccio degli antichi e quello odierno a tematiche di grande valenza sociale e culturale, quali le questioni planetarie poste dalla globalizzazione, le problematiche connesse all’identità, alla cittadinanza e ai diritti civili, la relazione antagonistica tra le religioni monoteistiche e il politeismo greco e romano; pari attenzione si darà alla discussione e al confronto tra antichisti e modernisti, con l’intento di metterne in comunicazione il linguaggio critico e dunque il modo in cui leggere, in prospettive diverse ma interagenti, la complessità del rapporto tra antico e moderno.

Infine, sarà assicurato opportuno rilievo all’attualità, dando voce con differenti modalità a istituzioni e a personaggi di spicco della cultura, della politica e della società civile che, a vario titolo, dialogano col classico e contribuiscono a modificarne e a migliorarne la fruizione, promuovendo la valorizzazione di quel patrimonio culturale e una giusta valutazione del peso e della qualità della ricerca umanistica. Atti di Convegni e seminari, patrocinati e realizzati dalle Consulte di Antichistica e da qualificate istituzioni scientifiche italiane e straniere, edizioni critiche e saggi monografici, particolarmente di giovani studiosi, troveranno adeguata ospitalità nella Biblioteca della rivista.

Alla luce di questa impostazione, i numeri periodici di ClassicoContemporaneo si articolano nelle seguenti sezioni:

Orizzonti: a) temi della ricerca; b) metodi; c) voci dal mondo

Presenze classiche: a) pagina; b) schermo; c) scena; d) arti visive

Discussioni

Ricerca e sperimentazione didattica: a) esperienze didattiche nell’università; b) nella scuola

Se ne parla oggi

Un'ultima sezione: Aggiornamenti - con segnalazioni finalizzate alla costituzione di un osservatorio su a) eventi; b) convegni c) pubblicazioni, particolarmente significativi per l'approfondimento dei rapporti tra classico, moderno e contemporaneo - è strutturata invece come uno spazio ad aggiornamento continuo.

L’auspicio è che questa rivista sia palestra di una discussione feconda, perché priva di preclusioni e di pregiudizi esegetici, aperta a una dimensione internazionale e attenta all’interazione tra sistema formativo scolastico e universitario.

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Letter from the editors

In the mirror of Antiquity

The body of knowledge that is often called “humanistic” was exposed in the last century and at the beginning of the third millennium to a clear process of transformation and expansion. This phenomenon is a result of efforts towards theoretical organization that modified its borders and physiognomy profoundly. Nevertheless, one cannot fail to observe the simultaneous decrease of its weight in the entire western educational system, where humanistic culture has lost its traditional prominence and it has reached in many cases a position of limited importance, if not of marginality.

The opposition that has been detected between the natural sciences and the humanities inspired an intense debate in the twentieth century, the peak of which is probably the reflection on The Two Cultures by C. P. Snow. This opposition seems to have been resolved not through a mutually exchange of ideas between the natural sciences and the humanities, but through the acknowledgement of the supremacy of the former, which alone are supposed to ensure social progress and an improvement of the quality of life. To be sure, these results have been influenced by an instance of pensée unique or real ideological conformism, as a result of which the aims of education and of culture itself were seen in purely economical terms. The dominant ideology of profit, which aims at that which is utile without any regard for that which is honestum, exposed not without certain contradictions by Martha C. Nussbaum in her celebrated pamphlet, has affixed to the humanities the stigma of not being productive, and it has disregarded the capacity of humanistic culture to contribute to educate citizens who are able to understand the world in its complexity. Consequently, it has undermined seriously the bond between education and democracy, without yielding the global development it had promised, as has been shown by the currents socio-economic crisis. In particular, it has failed to provide adequate living conditions for large population groups worldwide, who are still condemned to a degrading condition of economic exploitation and to being deprived of their civil rights.

The progressive marginalization of the studia humanitatis has hit with especial vehemence the field of Greco-Roman studies, even though these disciplines provide the linguistic and historical basis for the humanities themselves. It is certainly necessary to take a closer look at an apparently paradoxical aspect of this process, which assigns to the Classics a role of no significance in the cultural debate,  and relegates them to a position that is subordinate not only to the natural sciences, but also to many fields within the humanities.

In fact it has already been demonstrated in the course of historiographical debate that the  model of a classicistic humanism that became dominant during the Renaissance was a product of an ideological reading of classical antiquity. The paradigmatic nature of the latter as a forerunner of modernity was reiterated, with shifting accents and perspectives, until the so-called third humanism at the start of the twentieth century. But after World War II the link between Antiquity and Contemporaneity faded away and the paradigm of classicism based on the identitary value of the Greek-Roman world sank into a crisis that seems irreversible for a number of reasons. This crisis has been aggravated by the ongoing attempts to understand that culture as a model of values, and by the autoreferential character of much of the scholarly literature. We consider it necessary to leave behind the doldrums of these anachronistic positions and to put to use the critical potential of historical and critical research by reading classical texts afresh in the light both of the questions asked by the texts themselves and of the challenges posed by our times. We hold the view that our understanding of the ancient world can draw significant benefits from such a comparative perspective, if one makes no attempt to forcibly actualize classical antiquity and thereby to banalize the otherness of a world that is obvious and undeniable.

ClassicoContemporaneo aims to unravel the red threat of this line of interpretation. Therefore, our journal sets out to subject to critical analysis the role and the function of classical culture in contemporary society, with particular regard for more innovative lines of research into the ancient world and for innovative didactic practices at school and at university. Our horizon will be as broad as possible and will aim to embrace research and innovative experiments that take not only in Italy, but also (and especially) elsewhere in Europe, and beyond. The journal will also cast light on the education systems of other countries. Much space will be given to the ascendancy of Greco-Roman culture in contemporary literature, on stage and in the cinema. The journal will turn to researchers, teachers, students and lovers of the Classics worldwide.

Special attention will be paid to the comparison between the attitudes of the ancients and current approaches to matters of great social and cultural importance such as the general questions posed by globalization, problems of identity, citizenship and civil rights, and the antagonistic relationship between monotheistic religions and pagan polytheism. There will also be space forthe debate between the scholars of the ancient and those of the modern world in order to createa deeper communication between different reading perspectives and thereby to underline the complex relationship between antiquity and modern times. Finally, current affairs will receive an appropriate weight through contributions by prominent institutions and individuals from the spheres of culture, politics and civil society who will conduct, all in their own way, a dialogue with the classical world and modify and improve the ways in which it can be appreciated, thereby promoting our cultural heritage and contributing to a correct assessment of the importance and the quality of research in the humanities. Proceedings of conferences and seminars that take place under the aegis of scholarly associations and by other institutions with academic credentials in Italy and abroad, critical editions and monographic studies, especially those by young scholars will be included in the Biblioteca published alongside the journal. 

In view of this programme, the issues of ClassicoContemporaneo will consist of the following sections: 

Orizzonti: a)research topics; b) methods; c) voices from abroad

Presenze classiche: a) in print; b) on the screen; c) on stage; d) in the visual arts

Discussioni

– Ricerca e sperimentazione didattica: a) didactical experiences at university; b) at the school

Se ne parla oggi

– Aggiornamenti for news regarding a) events; b) conferences and meetings; c) publications of especial importance for the relationship between classical antiquity, modernity and the world of today. This section has been conceived of as a space for ongoing debate and updates.

We hope that ClassicoContemporaneo will provide space for a fertile debate without obstacles and aesthetic prejudices, open to the world and sensitive to an interaction between the educational system of secondary school and that of the university.

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Presentazione della sezione "Orizzonti"

Scritto da Rosa Rita Marchese. Pubblicato in: Orizzonti

In Orizzonti trovano ospitalità le voci di chi fa ricerca umanistica nelle università e individua come una responsabilità propria di tale ricerca la formulazione di domande sul significato e sulla funzione sociale e politica dei propri studi. La sezione vuole offrire visibilità ai diversi modi in cui in Italia, in Europa e nel mondo le istituzioni accademiche producono linee di ricerca che promuovono, in una relazione costruttiva con il presente, il rapporto con l’antico.
Entro questo spazio aperto al dialogo tra attività scientifica e domande di senso, la sottosezione Voci dal Mondo intende dare spazio ai contributi e, soprattutto, alle esperienze didattiche provenienti dal panorama internazionale, con lo scopo principale di condividere informazioni e materiali in diverse lingue (inglese, francese, tedesco, spagnolo); tali materiali potranno anche avere meno attinenza con il tema monografico del numero.

The Debate over Liberal Arts Education in English-Speaking Countries: Martha Nussbaum’s "Not for Profit" and its Nineteenth-century Predecessors

Scritto da Robert Proctor. Pubblicato in: Orizzonti

Negli Stati Uniti si dice che i giovani devono studiare le cosiddette materie STEM (scienza, tecnologia, ingegneria [“engineering”] e matematica) per contribuire alla crescita economica del paese. Martha Nussbaum ne fa la controbattuta col suo libro Not for Profit: Why Democracy Needs the Humanities (2010). Il titolo sembra una critica al profitto, ma finisce col sostenerlo col ragionamento che gli studi umanistici esercitano l’immaginazione, il pensiero critico, e la creatività, i quali servono il profitto meglio delle materie STEM.

Umanesimo e "Humanities": il passato nel presente

Scritto da Elisa Romano. Pubblicato in: Orizzonti

Da molti anni si parla di una crisi del modello culturale e del sistema formativo a centralità umanistica, ma le strategie difensive comunemente adottate da noi umanisti sono molto spesso viziate da errori di prospettiva. Molti discorsi in difesa dei nostri studi sono infatti caratterizzati, innanzitutto, da una confusione terminologica e concettuale fra ‘studi classici’, ‘studi umanistici’, ‘scienze umane’, ‘humanities’; e inoltre da una ricorrente tendenza a individuare e proporre finalità e obiettivi degli studi umanistici, di dimostrare che essi ‘servono’ a qualcosa. Questo testo contiene una breve riflessione sui vari Umanesimi che si sono succeduti in età moderna, sul modo in cui essi hanno costruito rappresentazioni del passato funzionali alla propria identità, sulle varie forme di classicismo che hanno finito per dare un’immagine deformata del passato, in particolare dell’antichità greco-romana.

Alexander Graham Bell, Hermes und die Gestaltung von Zeit in den Darstellungen großer Erfinder

Scritto da Anke Walter. Pubblicato in: Orizzonti

L’aspetto del tempo è di fondamentale importanza nelle rappresentazioni di inventori: il rapporto tra passato, presente e futuro, tra cambiamento e continuità. Questo articolo esamina la particolare temporalità di una rappresentazione moderna e di una antica di inventori: quella di un documentario TV tedesco su Alexander Graham Bell, l'inventore del telefono, e quella dell'inno omerico a Hermes, che descrive l'invenzione della lira da parte del dio. In entrambi i casi, si possono osservare processi simili nella temporalità: il pubblico viene proiettato indietro in un passato 'inconcepibile' prima dell'invenzione, mentre l'inventore rompe i confini del proprio presente e porta in vita la sua 'visione' per il futuro. Attraverso i riferimenti al loro più ampio contesto temporale, le invenzioni incarnano il concetto di tempo dell'epoca da cui le rappresentazioni traggono origine: il tempo meticolosamente misurato dello sviluppo tecnologico nel caso di Bell, il tempo 'senza tempo' del mondo divino nel caso di Hermes.

Presentazione della sezione "Presenze classiche"

Scritto da Rossana Valenti. Pubblicato in: Presentazione

La sezione dedicata alle Presenze classiche è intesa a selezionare produzioni recenti – di letteratura, teatro, cinema, musica, arti visive – ispirate al mondo classico, sul filo del rapporto, problematico e suggestivo, tra il “classico”, sistema di valori per definizione al di là delle mode e delle contingenze, e il “contemporaneo”, l’odierno, l’attualità più stringente.

Cavallo di Troia e Jägermeister

Scritto da Mariantonietta Paladini. Pubblicato in: Schermo

Il cavallo di Troia è stato utilizzato in varie pubblicità negli ultimi anni e con scopi diversi. Sfruttato soprattutto all’estero, lo troviamo come icona nel manifesto della DHL (2009), compagnia internazionale di spedizioni e movimentazione merci e in quello della COOP slovena (2011), con lo slogan “Help us to win when needed”.

Antonio e Cleopatra in scena

Scritto da Rossana Valenti. Pubblicato in: Scena

Della tragedia Antonio e Cleopatra di Shakespeare, datata intorno al 1608, gli studiosi hanno concordemente messo in rilievo la novità della forma tragica: pur usando le strutture e le convenzioni della tragedia antica (giunta all'età elisabettiana attraverso la mediazione dell'opera di Seneca, che ebbe straordinaria fortuna in quel periodo), Antonio e Cleopatra consacra la fine di quella forma per muovere lungo una nuova linea, segnata dall'adozione di una illimitata libertà spaziale – l'azione percorre le città, le terre e i mari di tre continenti: Europa, Asia, Africa – e da una inedita, trasgressiva mescolanza di comico e tragico.

Post-classicismo

Scritto da Rossana Valenti. Pubblicato in: Arti visive e comunicazione

Sembrano provenire dallo stesso mood, e muoversi lungo le stesse linee di tendenza, la nascita della rivista Classicocontemporaneo e l’allestimento della mostra Post-Classici, aperta a Roma, fino al 29 settembre, nello spazio archeologico del Foro romano e Palatino.

Presentazione della sezione "Ricerca e sperimentazione didattica"

Scritto da Renata Raccanelli. Pubblicato in: Ricerca e sperimentazione didattica

La sezione Ricerca e sperimentazione didattica ospita documenti, racconti, bilanci critici di esperienze didattiche, progetti laboratoriali, interventi pedagogici, pensati in riferimento al mondo antico. Propone uno spazio operativo di confronto fra contesti differenti (la scuola, l’università, il “sociale”) e approcci diversi all’antico, inteso nella sua accezione più ampia: in rapporto all’insegnamento delle lingue classiche, ma anche allo studio di testi e monumenti nei loro aspetti letterari, culturali, iconografici, come pure in relazione alla pratica teatrale, alla rilettura del mito, alle varie possibili forme di rivisitazione creativa dell’antico.

Dalla spada di Brenno ai gioielli di Cornelia: la costruzione di un immaginario per orientare allo studio del latino e per accogliere gli studenti nel percorso liceale

Scritto da Giovanna Domestico. Pubblicato in: Ricerca e sperimentazione didattica

La riflessione a tutto tondo sulle problematiche relative all’insegnamento delle lingue classiche pone in evidenza anche la distanza, in termini di conoscenza, delle civiltà antiche e di alcuni loro aspetti peculiari relativi a usi, costumi e istituzioni. Il livello di incomprensione dei testi scaturisce anche dall’oscurità o dalla inadeguata conoscenza di tali aspetti; perciò, sia per favorire l’orientamento degli studenti che per impostare l’insegnamento delle lingue classiche all’interno di una cornice culturale più definita, risulta utile aprire scenari sulla civiltà e sulla storia antiche in moduli dedicati proprio all’orientamento e all’accoglienza. Senz’altro è interessante e proficuo aprire un confronto su questi due momenti dell’insegnamento nella scuola secondaria. Di qui la proposta di aprire nel blog un confronto su questi due momenti dell’insegnamento nella scuola secondaria.

"Aletheia". A scuola di satira (antica). Un esperimento sulla scena tra ricerca, didattica e comunicazione

Scritto da Alberto Camerotto, Sara Tessarin, Martina Tosello. Pubblicato in: Ricerca e sperimentazione didattica

La satira è critica del reale, della vita umana, della società e dei valori condivisi da tutti, come la ricchezza, il potere, la stirpe, la fama, il successo. È satira dei costumi, della politica, delle credenze, delle convenzioni sociali. Secondo le migliori regole della democrazia antica, è necessario avere il coraggio della parrhesia, la «libertà di parola», e dell'aletheia, la «verità», anche quando appaiono scomode o difficili. Senza dogmatismi e con un buon grado di autoironia, la verità è sempre una ricerca continua e infinita. La parola critica diviene allora un contributo fondamentale per la vita degli uomini e per la società dei cittadini. Da questa prospettiva l'esperimento di Aletheia. A scuola di satira (antica) ha proposto nell'autunno 2013, all'Università Ca' Foscari di Venezia e sulla scena del settecentesco Teatro Arrigoni di San Vito al Tagliamento, un'ampia serie di interventi, seminari e discussioni dedicati alla satira e al pensiero critico dei grandi classici antichi a confronto col nostro mondo attuale. Con una prospettiva multidisciplinare e con un intreccio tra università e ricerca, scuola e didattica, istituzioni cittadine e rhesis civile.

Il "De beneficiis" di Seneca e la V R. Cronaca di un progetto didattico

Scritto da Pietro Li Causi e la classe V R del Liceo Scientifico “S. Cannizzaro” di Palermo. Pubblicato in: Ricerca e sperimentazione didattica

Il progetto di cui si rende conto in questo articolo è stato portato avanti in una classe quinta di un liceo scientifico palermitano nelle ore curriculari di latino dell’a.s. 2013-2014, e si è concluso con la traduzione cooperativa, condotta dagli studenti, del primo libro del De beneficiis di Seneca, che è stato pubblicato a puntate sul blog. La scelta del De beneficiis come testo di classico latino non è stata casuale. Il trattato senecano – che ha influenzato molta della riflessione occidentale sul dono – si è rivelato uno strumento adatto per interrogarsi comparatisticamente sui modelli culturali della società contemporanea e, soprattutto, sul latente economicismo che uniforma di sé i modelli educativi che si sono imposti negli ultimi anni nella scuola italiana.

Saperi umanistici e valutazione

Scritto da AAVV. Pubblicato in: Se ne parla oggi

Scienze dell'antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche

Saperi umanistici e valutazione

Seminario Nazionale delle Consulte Scientifiche dell’Area 10 (16 maggio 2014)

16 maggio 2014
Università di Roma La Sapienza Facoltà di Lettere e Filosofia - Aula Partenone

ISBN: 9788868891701

Per ulteriori dettagli scarica la locandina in formato pdf.

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Saperi umanistici e valutazione - I. Introduzione

Scritto da Valeria Viparelli. Pubblicato in: Se ne parla oggi

Oggi nel mondo si parla molto di valutazione: è un ‘problema’ di grande attualità. Ma perché è un problema? Se pensiamo alla valutazione intesa in senso lato, come valutazione del servizio pubblico (della sanità, della giustizia, delle forze armate, dei lavori pubblici etc.) pensiamo a un esercizio di controllo del corretto uso delle risorse finanziare al fine di migliorare i servizi: a un qualcosa cioè che può apportare cambiamenti benefici con importanti risvolti anche di ordine etico-politico, soprattutto se va a incidere sulla trasparenza della gestione statale delle risorse pubbliche.

Saperi umanistici e valutazione - II. La ricerca: per una valutazione della qualità

Scritto da Maurizio Bettini. Pubblicato in: Se ne parla oggi

Questo mio breve intervento non può che cominciare con una riflessione sulla parola che campeggia al centro della nostra comune riflessione: “valutazione”. Si tratta di un sostantivo astratto derivato da “valuta”, che propriamente designa “la determinazione del valore di un bene ragguagliato in moneta”. Abbiamo dunque a che fare con un termine che ci viene dalla sfera economico-finanziaria, così come dalla sfera economico-finanziaria derivano però anche molte altre parole chiave relative all’odierna prassi universitaria. Alla “valutazione” dell’ANVUR sottoponiamo non articoli o libri, ma “prodotti”; i nostri corsi non si dividono più in fondamentali e complementari ma hanno un “valore” che si misura in “crediti”, e tutti insieme non costituiscono più il programma degli insegnamenti, ma forniscono la “offerta” formativa dell’Ateneo. Un compatto manipolo di metafore tratte dal mercato ha dunque occupato l’immagine che ricerca e insegnamento universitari offrono di sé al mondo esterno. Sappiamo bene, però, che qualsiasi sistema di rappresentazione metaforica della realtà – specie se derivato da una sfera culturale dominante, qual è oggi quella del mercato – finisce per agire sulla sostanza stessa di questa realtà, rendendola sempre più simile a ciò che la rappresenta.

Saperi umanistici e valutazione - III. La valutazione delle riviste umanistiche

Scritto da Keir Douglas Elam. Pubblicato in: Se ne parla oggi

La valutazione delle riviste umanistiche è un’impresa forse impossibile ma probabilmente necessaria. Nel mio breve intervento vorrei prima prendere in rassegna alcune delle principali criticità emerse negli ultimi anni riguardo la valutazione delle riviste nelle scienze umane, anche da una prospettiva internazionale, per poi offrire qualche considerazione su ciò che a mio avviso si può salvare e forse anche promuovere in questo campo alquanto minato.

Saperi umanistici e valutazione - IV. La ricerca e la valutazione. La classificazione delle riviste

Scritto da Giuliano Bernini. Pubblicato in: Se ne parla oggi

Sono grato agli organizzatori della giornata di confronto su Saperi umanistici e valutazione, tenutasi a Roma, all’Università “La Sapienza”, il 16 maggio 2014, per avermi invitato a presentare alcune idee circa la questione della classificazione delle riviste, che è stata al centro dell’attenzione del mondo accademico già nel 2012, nelle fasi di preparazione della Valutazione della qualità della ricerca (VQR) prima e delle procedure di Abilitazione scientifica nazionale (ASN) dopo. Le idee che esporrò sono nate dall’esperienza di coordinamento delle quattro società di linguistica nella classificazione delle riviste: l’Associazione Italiana di Linguistica Applicata (AItLA), di cui sono presidente, l’associazione Didattica delle lingue e linguistica educativa (DILLE), la Società Italiana di Glottologia (SIG), la Società di Linguistica Italiana (SLI).

Saperi umanistici e valutazione - V. Il ruolo pubblico della scienza: quale lingua per la terza missione

Scritto da Maria Luisa Villa. Pubblicato in: Se ne parla oggi

La polemica sulla lingua, che investe in varia misura le università di tutti i paesi non anglofoni, dove l’inglese tende a sostituire le lingue locali, è nata nei settori scientifici ma sta estendendosi progressivamente a quelli delle discipline umane e sociali.
La scienza ha un lungo elenco di buone ragioni per adottare una lingua comune poiché è inerentemente internazionale. I lavori scientifici più prestigiosi sono scritti in inglese e archiviati in banche dati anglofone. L’inglese è indispensabile per rimanere aggiornati, accedere agli scambi, ottenere adeguati finanziamenti e raggiungere una visibilità internazionale. In tutto il mondo non anglofono i ricercatori accettano volentieri l’onere del monolinguismo perché sanno che la loro carriera dipende in parte uguale dalla loro abilità di scienziati e dal loro inglese (Villa 2013a).

Saperi umanistici e valutazione - VI. Le lingue della ricerca e dell’internazionalizzazione

Scritto da Rita Librandi. Pubblicato in: Se ne parla oggi

La scelta delle lingue in cui si fa ricerca e didattica assume rilevanza, ai fini della valutazione, per almeno due motivi: il peso differente attribuito in alcuni settori ai prodotti pubblicati in lingua straniera, ma preferibilmente in inglese, e l’impegno richiesto alle università italiane ed europee per favorire l’internazionalizzazione. Il primo dei due fattori può dunque entrare in gioco nella valutazione della ricerca dei singoli e delle strutture, mentre il secondo è uno dei parametri su cui si fonda la valutazione degli Atenei.

Saperi umanistici e valutazione - VII. Saperi umanistici e valutazione

Scritto da Antonio Pioletti. Pubblicato in: Se ne parla oggi

* Il testo di A. Pioletti è stato fatto proprio dalle Consulte scientifiche dell'Area 10 come documento conclusivo dei lavori svoltisi nel corso del Seminario nazionale su Saperi umanistici e valutazione.

La difficile definizione dei criteri e gli esiti da più parti contestati della valutazione della ricerca in ambito umanistico dimostrano come non sia stato ancora risolto il problema degli strumenti valutativi da adottare. La ricerca di indicatori quantitativi, analoghi a quelli adottati per le scienze dure, che possano sostituire o ridurre al minimo la valutazione tramite peer review, si è rivelata difficile e talvolta improduttiva. I settori umanistici, infatti, per la multiformità dei loro linguaggi, delle espressioni e dei metodi sono difficilmente riducibili a misurazioni univoche ma non sono impossibili da valutare. È auspicabile, al contrario, l’elaborazione di un modello che tenga conto della singolarità della ricerca umanistica, della varietà dei prodotti che la trasmettono e delle vie attraverso le quali gli studiosi ne riconoscono la qualità scientifica. Una valutazione che intenda premiare le ricerche migliori o che voglia indicare soluzioni al superamento delle criticità deve avvalersi di criteri confrontabili, ma non deve scadere nella fissità di parametri predefiniti che spingono inevitabilmente all’omologazione, alla mortificazione degli slanci innovativi e, molto spesso, all’adattamento opportunistico.