Note sul Primo re

Scritto da Carlo Pavolini.

Tutta la prima ora de Il primo re è molto buona: detto altrimenti, tutto il primo tempo, per chi abbia visto il film in una di quelle sale che conservano l’usanza di suddividere la proiezione in due tempi, separati da un intervallo nel quale si riaccende la luce. La scena dell’esondazione del Tevere è di grande impatto e introduce subito lo spettatore in un passato diverso e distante, in cui anche le forze della natura sembrano presentarsi allo stato puro, in tutta la loro veemenza devastatrice. Allo stesso effetto concorrono il latino arcaico “di ricostruzione” parlato dai personaggi (una delle scelte più interessanti dell’opera) e tutta la lunga sequenza nella quale il gruppo guidato da Remo attraversa la foresta, con le sue paludi mortifere, la nebbia, le voci degli animali o degli spiriti, il terrore superstizioso che si insinua negli animi di questi uomini primitivi. A molti ha dato fastidio la violenza estrema delle scene di battaglia e di scontro fisico, in cui gli interpreti si rotolano nel fango e si massacrano, a volte a mani nude o a morsi, lanciando urla disumane: e tuttavia io credo che qui il regista abbia voluto consapevolmente adottare una maniera iperrealista, da manga giapponese, il che, tutto sommato, non stona nel contesto generale dell’operazione.

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