Riflessi letterari dell’esilio come categoria dello spirito nella produzione dei profughi greci in Occidente dopo la caduta di Costantinopoli (1453): Rallo e Marullo
Abstract
Manilio Cabacio Rallo (Mistrà 1447-Roma 1523) in seguito alla caduta di Costantinopoli del 1453 affrontò giovanissimo la sorte dell’esilio. Trasferitosi in Italia, si stabilì a Roma facendosi apprezzare nella cerchia degli intellettuali ivi attivi ed ottenendo una posizione di indiscusso prestigio ed un cospicuo benessere economico. Divenne noto tra gli umanisti come raffinato poeta con una fortunata raccolta di carmi, che egli diede alle stampe poco prima della sua morte (Manilii Cabacii Rhalli Iuveniles ingenii lusus, Napoli 1520). Tra i motivi presenti nella sua poesia (l’amore, l’amicizia, l’invettiva, etc.) quello dell’esilio ritorna insistente in una forma che assurge quasi ad un livello archetipico, come espressione di una condizione disperata di esclusione non tanto dalla patria, quanto da sé stesso, e vissuta come impossibilità di attingere la felicità. Il saggio si propone di mettere in luce questo aspetto nella cornice di un raffinato riuso delle fonti classiche e di individuare anche i termini di un dialogo letterario sul tema dell’esilio, intrecciato con Michele Marullo Tarcaniota, anch’egli esule ed attivo in Italia come assai fine poeta in lingua latina.
Manilio Cabacio Rallo (Mistrà 1447-Rome 1523) faced the fate of exile at a very young age after the fall of Constantinople in 1453. Having moved to Italy, he settled in Rome, making himself appreciated in the circle of intellectuals active there and obtaining a position of undisputed prestige and considerable economic well-being. He became known among humanists as a refined poet with a successful collection of poems, which he published shortly before his death (Manilii Cabacii Rhalli Iuveniles ingenii lusus, Naples 1520). Among the motifs present in his poetry (love, friendship, invective, etc.) that of exile returns insistently in a form that almost rises to an archetypal level, as an expression of a desperate condition of exclusion not so much from the homeland, as well as from oneself, and experienced as the impossibility of achieving happiness. The essay aims to highlight this aspect in the framework of a refined reuse of classical sources and to also identify the terms of a literary dialogue on the theme of exile, intertwined with Michele Marullo Tarcaniota, also an exile and active in Italy as a very fine poet in Latin.
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