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Rivista online di studi
su antichità classica e cultura contemporanea

In collaborazione con la Consulta Universitaria di Studi Latini
CLASSE A

n. 9

rivista annuale
anno 9 · numero 9
anno 2023

 

La lingua de Il Primo Re

Scritto da Luca Alfieri. Pubblicato in: Scena

È bene precisare sin d’ora che ciò di cui voglio parlare non è Scienza, né pretende di esserlo. Si tratta, semmai, di un esperimento – speriamo non infelice – di ricerca applicata o “industriale” nell’ambito delle scienze umane. Ma procediamo con ordine.

Un giorno – siamo nell’aprile del 2018 – mi cerca un mio compagno di scuola, che non sentivo da anni, il regista e produttore Matteo Rovere, e mi racconta una sua idea: vuole girare un film sulla fondazione di Roma; ma vuole che sia un film profondamente innovativo, nel tono e nel messaggio. In genere – mi dice –, i film sulla Roma antica sono ambientati tra la tarda età repubblicana e l’età imperiale (con poca differenza – aggiungerei io – tra Cesare, Commodo e Costantino). L’immagine di Roma che emerge da questi film, quando non è decadente, come nel Satyricon di Federico Fellini (1969) o nel Gladiatore di Ridley Scott (2000), è un’immagine imperiale e patinata, celebrativa e un po’ stantia, più neo-classica che classica in senso proprio, come quella proposta da T. Wyler in Ben-Hur (1959) o da S. Kubrick in Spartacus (1960). Ecco, il regista si proponeva sostituire questa immagine vulgata della Roma imperiale “toghe e colonne” con un’immagine nuova, cruda, barbarica e primitiva – e, dunque, più “originaria” –, che da una parte riportasse la fondazione di Roma a una cultura materiale più vicina a quella effettivamente attestata in molti insediamenti laziali del ferro tardo, e dall’altra ammiccasse all’atmosfera mitico- barbarica di alcune recenti serie TV, come Vikings o Il Trono di Spade (credo, tra l’altro, che per gli aspetti archeologici il regista avesse svolto delle sue ricerche, in cui mi sembra si possa intravedere la lontana eco dei lavori di Piganiol, Mazzarino e Giusto Traina).

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Come sono anticlassiche le origini di Roma

Scritto da Roberto Andreotti. Pubblicato in: Scena

Di fronte a un nuovo film sulla nascita di Roma scatta sùbito in noi il riflesso “scolastico” delle fonti storiche e letterarie: a chi si è attenuto Matteo Rovere nello stendere la sceneggiatura de Il primo re? Plutarco? Dionigi di Alicarnasso? Tito Livio? Con quale grado di “fedeltà”? E che razza di “latinorum” è quello – laconico, arcaizzante ma per forza di cose anacronistico – proferito o spesso biascicato dagli attori? (per fortuna di tutti, non solo dei meno avvezzi alla lingua di Cicerone, ci sono i sottotitoli).

Un primo re pieno di contraddizioni

Scritto da Maurizio Bettini. Pubblicato in: Scena

Ho visto Il primo re, il film che Matteo Rovere ha dedicato a Romolo e Remo. E ho immediatamente pensato al mito. Cioè a quel tipo di storia che non viene raccontata una volta per sempre, ma muta e si rinnova da una versione all’altra. Soprattutto, però, a ogni variante il mito viene rielaborato secondo le categorie e i gusti della cultura che lo accoglie: la Medea di Euripide non è certo quella di Pasolini, così come non era neppure quella di Seneca. Quanto a Edipo, c’è una bella differenza fra il bambino abbandonato sul Citerone, con i piedi legati o inchiodati, in attesa di diventare l’omicida (involontario) del padre non che il marito (altrettanto involontario) di sua madre, e il bambino “edipico” di Freud, che desidera sbarazzarsi del padre per unirsi alla madre. Nella variante edipica di Freud, infatti, quell’antico bambino era entrato a far parte di una cultura che temeva (e bramava) il sesso tanto quanto aveva (ufficialmente) orrore della violenza. Ma è inutile continuare con gli esempi, si sa che i racconti mitologici, quelli che gli antichi ci hanno lasciato in eredità, vivono della loro continua metamorfosi. Che ne è dunque dei gemelli romani, Romolo e Remo, nell’ultima versione del loro mito? A quali categorie si conformano?

Sommario del n. 9

CLASSICOCONTEMPORANEO È SOTTOPOSTO ALLA PROCEDURA DI PEER REVIEW SECONDO GLI STANDARD INTERNAZIONALI

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Orizzonti

Responsabile di sezione: Rosa Rita Marchese

In Orizzonti trovano ospitalità le voci di chi fa ricerca umanistica nelle università e individua come una responsabilità propria di tale ricerca la formulazione di domande sul significato e sulla funzione sociale e politica dei propri studi. La sezione vuole offrire visibilità ai diversi modi in cui in Italia, in Europa e nel mondo le istituzioni accademiche producono linee di ricerca che promuovono, in una relazione costruttiva con il presente, il rapporto con l’antico. Entro questo spazio aperto al dialogo tra attività scientifica e domande di senso, la sottosezione Voci dal mondo intende dare spazio ai contributi e, soprattutto, alle esperienze didattiche provenienti dal panorama internazionale, con lo scopo principale di condividere informazioni e materiali in diverse lingue (inglese, francese, tedesco, spagnolo); tali materiali potranno anche avere meno attinenza con il tema monografico del numero.

 



Presenze classiche: Pagina, Schermo, Scena, Arti visive e comunicazione

Responsabile di sezione: Rossana Valenti

La sezione dedicata alle Presenze classiche è intesa a selezionare produzioni recenti – di letteratura, teatro, cinema, musica, arti visive – ispirate al mondo classico, sul filo del rapporto, problematico e suggestivo, tra il “classico”, sistema di valori per definizione al di là delle mode e delle contingenze, e il “contemporaneo”, l’odierno, l’attualità più stringente.

Ricerca e sperimentazione didattica

Responsabile di sezione: Pietro Li Causi

La sezione ospita documenti, racconti, bilanci critici di esperienze didattiche, progetti laboratoriali, interventi pedagogici, pensati in riferimento al mondo antico. Propone uno spazio operativo di confronto fra contesti differenti (la scuola, l’università, il “sociale”) e approcci diversi all’antico, inteso nella sua accezione più ampia: in rapporto all’insegnamento delle lingue classiche, ma anche allo studio di testi e monumenti nei loro aspetti letterari, culturali, iconografici, come pure in relazione alla pratica teatrale, alla rilettura del mito, alle varie possibili forme di rivisitazione creativa dell’antico.