Angebatur ferox Tullia. Lo spettro della figlia parricida a Roma
Abstract
Può una figlia romana essere parricida e come tale venir rappresentata? Nel presente contributo, si prova a rispondere attraverso la lettura dell’inquietante ritratto di Tullia Minore tracciato da Livio nel primo libro delle sue Storie. Dall’analisi lessicale, filologica e antropologica, si tenterà di dimostrare che, nonostante la rappresentazione di Tullia rimanga ancorata al suo ruolo di genere e venga edulcorata attraverso vari espedienti, l’episodio di cui è protagonista intercetta un’ansia culturale scaturita dal momento liminale, marcato individualmente e socialmente, in cui la donna da figlia diventa moglie: in tale passaggio obbligato, risulta pericoloso per l’ordine patriarcale stabilito l’emergere di istanze femminili di autoaffermazione.
Can a Roman daughter be a parricide and be represented as such? In this paper, an attempt is made to answer this question by reading the disturbing portrait of Tullia Minor drawn by Livy in the first book of his History of Rome. Through lexical, philological and anthropological analysis, an attempt will be made to demonstrate that, despite the fact that the representation of Tullia remains anchored to her gender role and is toned down through various expedients, the episode whose she is the protagonist intercepts a cultural anxiety triggered by the liminal moment, marked individually and socially, in which the woman goes from being a daughter to becoming a wife: in this obligatory passage, the emergence of female instances of self-assertion is dangerous for the established patriarchal order.
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