Euripide, Alcesti 509-567
L’articolo che segue, scritto da Anna Beltrametti e Agnese Grieco, molto felicemente inaugura la sezione Titubanti Testi. Felicemente, perché il confronto condotto tra una studiosa, specialista di teatro antico, e una regista e saggista, che parte quindi da approcci disciplinari differenti, in realtà si trasforma in un proficuo e armonico dialogo che svela la liminarità caratterizzante la costruzione drammatica dell’Alcesti come la traccia più evidente dell’essenza metafisica del genere teatrale stesso, in sospeso tra finzione e realtà. Il testo che segue ripropone in forma rivista il Binomio di lettura nei Titubanti Testi 10 tenutosi nel luglio 2024, nel quale Grieco aveva proposto il passo dell’Alcesti e Beltrametti aveva accettato di discuterlo.
Abstract
Il passo dell’Alcesti, proposto da Agnese Grieco è tratto dall’arrivo di Eracle che entra in scena e dialoga con Admeto. Nella prima parte, Anna Beltrametti si concentra sul ruolo svolto da Eracle, la cui comparsa marca il punto dove si intersecano il tema del lutto e quello dell’ospitalità. In particolare, il dialogo tra Admeto ed Eracle mette in evidenza il tema del limen che caratterizza Alcesti stessa, sempre in bilico tra due dimensioni (dentro e fuori, morte e vita, estraneità e intimità). Beltrametti vuol soprattutto liberare Alcesti dal velo, un congegno teatrale che, pur non comparendo nel testo di Euripide, sin dai commentatori antichi ha fortemente influenzato, normalizzandola, la figura dell’eroina, la quale in realtà si fa carico di un filo tematico sotterraneo che va al di là della vicenda rappresentata e punta sul lavoro della rappresentazione stessa, cioè sul fare teatro e sul senso del teatro per l’autore e per il pubblico. Il paradosso di questa Alcesti è, secondo Beltrametti, il paradosso del teatro, luogo liminale par excellence e luogo franco di tutti i transiti, di tutte le contaminazioni, di tutte le dislocazioni di tempo e di spazio.
In una non prevista coincidenza di intenti la riflessione di Agnese Grieco, che ha in preparazione un libro sull’Alcesti, per quanto in un registro stilistico e argomentativo diverso, si pone in continuità con il discorso condotto da Beltrametti. Infatti, è proprio il limen tra praxis scenica e riflessione filosofica a fare partire le sue riflessioni mirate a sottolineare le caratteristiche altamente autoriflessive del dramma come luogo di una sofisticata e totalizzante metatrealità. Tale caratteristica viene messa in evidenza proprio dall’avvento di Eracle nella scena discussa. In particolare, Grieco vuol disvelare un’anomalia drammaturgica: sul piano, della realtà della rappresentazione, di quello che noi spettatori vediamo in palcoscenico, a livello della realtà scenica, la sposa di Admeto è personaggio, più assente che presente. Nella sua assenza/presenza Alcesti, di fatto, è e al tempo stesso non è protagonista del dramma. Ma la dualità che scaturisce dalla mirabile costruzione euripidea – ci mette in guardia Grieco – è un due che non indica addizione, soluzione della dualità in una somma o fusione, ma al contrario segnala la coesistenza degli opposti: dell’uno contro l’uno.
The passage from Alcestis, proposed by Agnese Grieco, is taken from the arrival of Heracles, who enters the scene and dialogues with Admetus. In the first part, Anna Beltrametti focuses on the role played by Heracles, whose appearance marks the point where the themes of mourning and hospitality intersect. In particular, the dialogue between Admetus and Heracles highlights the theme of the limen that characterizes Alcestis herself, always poised between two dimensions (inside and outside, death and life, estrangement and intimacy). Beltrametti wants above all to free Alcestis from the veil, a theatrical device which, although not appearing in Euripides’ text, has strongly influenced and normalized the figure of the heroine since ancient commentators. In reality, she takes on an underlying thematic thread that goes beyond the story represented and focuses on the work of representation itself, that is, on theater-making and the meaning of theater for the author and the audience. The paradox of this Alcestis is, according to Beltrametti, the paradox of theater, a liminal place par excellence and a free place of all transitions, all contaminations, all dislocations of time and space.
In an unexpected coincidence of intent, the reflections of Agnese Grieco, who is preparing a book on Alcestis, are in continuity with Beltrametti’s essay while in a different stylistic and argumentative register. It is precisely the limen between theatrical praxis and philosophical reflection that triggers Grieco’s reflections aimed at emphasizing the highly self-reflective characteristics of drama as a place of sophisticated and all-encompassing metareality. This characteristic is highlighted precisely by the advent of Heracles in the scene under discussion. In particular, Grieco seeks to reveal a dramaturgical anomaly: on the level of the reality of the representation, of what we spectators see on stage, on the level of the reality of the scene, Admetus’ wife is a character who is more absent than present. In her absence/presence, Alcestis is – and at the same time is not – the protagonist of the drama. But the duality that arises from Euripides’ admirable construction, Grieco warns us, is a ‘two’ that does not indicate addition, the resolution of duality in a sum or fusion, but on the contrary signals the coexistence of opposites: of one against one.
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